sabato 12 marzo 2011

Anche i filosofi si innamorano

www.cultura.inabruzzo.it/
Riceviamo e pubblichiamo questa nota di Ezio Pelino sull’incontro che si terrà il 12 marzo a Raiano (Aq).
Se pensiamo a Benedetto Croce ce lo immaginiamo a Napoli, a casa Filomarino, nel suo studio affollato di libri. Pochi sanno che lo si sarebbe  potuto  incontrare a Raiano, mentre passeggiava  sulla via per S. Venanzio  o lungo il tratturo. Per sette anni, dal 1907 al 1913, il filosofo –  ancora giovane anche se non giovanissimo, era nato nel 1866 –  passò parte dell’estate  nel  paese abruzzese. Ospite della cugina Teresa, nel palazzo dei Rossi Sagaria, la famiglia più eminente del paese. Anche i filosofi si innamorano.
Nella famiglia era ospite anche una  gentildonna di grande bellezza, Angelina Zampanelli, detta la “Principessa”. Proprio lei era il motivo principale delle sue vacanze raianesi. L’ “ispiratrice del filosofo al punto che costui  le girava attorno, come a un centro luminoso, tenendo in mano un libro”. In tempi relativamente recenti, il  28 febbraio1964,  il giornalista Edmondo Cioni, de “Il Tempo”, è tornato ad interessarsi di questa storia vissuta con i riserbo dei tempi,  confermando  la “crisi sentimentale” del filosofo per la bella Angiolina. Le  vacanze del filosofo, e non solo le sue, erano molto diverse da quelle  nevrotiche e chiassose  di oggi. Il tempo era occupato, innanzi tutto, dallo studio, favorito dal silenzio dell’antico paese. Poi le passeggiate e le conversazioni in famiglia. Qui, nella sua vacanza operosa, Croce scrisse l’impegnativa monografia su “La filosofia di Giambattista Vico”. Ce lo dicono le lettere che scriveva al suo amico, il filosofo napoletano Enrico Ruta, per  informarlo del rapido procedere del lavoro.
Come ce lo conferma la datazione del testo pubblicato dalla Laterza: “Raiano, settembre 1910”.  Capitava a volte che la vita in famiglia fosse animata dalle visite di amici intellettuali, come il filologo Cesare De Lollis,  il poliedrico Antonio Anile, e lo stesso editore Giovanni Laterza. E’ proprio  quest’ultimo che scrive :”A Raiano ed al palazzo Rossi Sagaria è legata la storia degli “Scrittori italiani”. Era il 18 settembre del 1909. Passeggiavano insieme per  la campagna  quando Don Benedetto espose all’editore l’idea di produrre una collana di scrittori italiani. Non più di 200 volumi  di circa 350 pagine ciascuno. L’idea entusiasmò Laterza,   che, nel 1926, ricorda: “ la notte stessa  nella camera al secondo piano di quest’ampio palazzo, in cui ero ospitato estesi il piano economico della prima serie di dieci volumi”. E aggiunse, quando  i volumi pubblicati erano ormai quasi un centinaio, che “Benedetto Croce, scegliendo Raiano per indurmi ad attuare una sua idea così importante per la cultura italiana, deve aver tenuto presente che per disporre l’altrui mente a fecondare le idee proprie occorre anche il concorso dell’ambiente per predisporre  lo spirito, e Raiano  e casa Rossi-Sagaria influirono per davvero su lo spirito”. Il filosofo si interessava anche di storia locale. Non è forse vero, come sostiene Leibniz, che in una goccia d’acqua, nel piccolo, c’è tutto l’universo? Come scrisse una monografia sul suo paese natale e su quello paterno, Pescasseroli e Montenerodomo, si accinse a scrivere una storia di Raiano.
Ma, purtroppo, non giunse a finirla, e non ne conosciamo  il motivo. Ci restano solo  dei brevi appunti dal titolo: “I feudatari di Raiano”. Lo studioso e poeta Ottaviano Giannangeli, che per primo si è interessato delle vacanze raianesi di Croce, interrogando i vecchi del paese si accorse che essi lo ricordavano con simpatia. Il filosofo, infatti,   non disdegnava di parlare con tutti. A un certo Pomponio consegnò, per i  futuri figli, un lista di una trentina di nomi latini adeguati al suo aulico cognome. Consigli che furono accolti, tanto che due di essi  portavano nomi da lui suggeriti. Il ritratto che ne facevano gli anziani ricalca lo stereotipo popolare del filosofo. Come di Talete, il primo dei filosofi, si narra che, intento a osservare le stelle,  finì in un pozzo, di Croce si racconta che preso dai suoi pensieri  finì una volta con i piedi in un canale di irrigazione che correva accanto alla  strada e un’altra volta andò a sbattere  contro un animale squartato appeso al gancio di una macelleria. Come è immaginabile, il paese si sentiva onorato per la sua presenza. Tanto che il 17 marzo del 1910, dopo la sua nomina  a senatore del Regno, il Comune gli tributò un’accoglienza solenne: festeggiamenti al suo arrivo alla stazione, con banda, discorsi,   ricevimenti. Caso raro o forse unico  per  un personaggio ancora in vita, gli fu intitolata una strada.   Ma  durò poco.  Provvide il Duce a cancellarla nel 1928, con una specifica legge sulla toponomastica. Fu  una legge ad personam in negativo nei confronti del filosofo che aveva redatto tre anni prima il Manifesto degli intellettuali antifascisti?
Le tranquille, serene vacanze del filosofo finirono nel modo peggiore. La bella e intelligente  “Principessa” morì. E da allora, Croce dimenticò o volle dimenticare la sua Raiano. Ma un  mistero rimane sulle  vacanze raianesi. Nel registro dei morti del Comune, risulta, in data 1913, accanto al nome di Angelina Zampanelli,   l’annotazione:  “moglie del Senatore Benedetto Croce”.  Moglie? Come è possibile se  Don Benedetto non sposò la sua “Principessa” e si unì in matrimonio dopo la sua morte  con la laureanda torinese Adele Rossi? Forse la relazione durata anni faceva  ritenere che i due fossero sposati tanto che l’impiegato comunale, sbrigativamente,  non si preoccupò nemmeno di cercare  riscontro nei documenti. 
Ezio Pelino

Nessun commento: